All’amore assente

Dov’è finito Andres Carrera? Perché un giovane uomo colto, affascinante, prossimo padre, sparisce come inghiottito in un vortice? Questa storia racconta un profondo disagio esistenziale. Il disagio di una persona, esperta di comunicazione, capace di scrivere discorsi a uomini politici assetati di potere e di vittoria. Un ghost writer che apparentemente non conosce il peso delle ideologie, lo stare da una parte o dall’altra, il fondamento delle idee. Far vincere e convincere è ciò che conta. Non importa quale argomento si usi. Perché allora, proprio a un punto di svolta della sua vita, con un figlio in arrivo e un ultimo portentoso discorso elettorale scritto per un politico che certamente vincerà grazie a quelle parole, Andres scompare?

Crediti

All'amore assente (Andres and me)

un film di Andrea Adriatico

scritto da Stefano Casi, Marco Mancassola, Andrea Adriatico

con Massimo Poggio, Francesca d’Aloja, Milena Vukotic, Tonino Valerii

e con Maurizio Patella, Filippo Plancher

con la partecipazione straordinaria di Corso Salani, Eva Robin’s

e con Ilaria Avanzi, Francesca Ballico, Patrizia Bernardi, Daniela Camboni, Daniela Cotti, Nahim Dali, Marco Mancassola, Francesca Mazza, Tomoko Matsubayashi, Luca Nunziata, Davide Sorlini, Carlo Strata, Franco Vazzoler

produzione Cinemare 2007

produzione esecutiva Monica Nicoli

montaggio Roberto Passuti

direttore della fotografia Andrea Locatelli

musiche originali Roberto Passuti 

postproduzione audio Studio Arkì

scene Maurizio Bovi

fotografo di scena Raffaella Cavalieri

ufficio stampa nazionale Studio Morabito, Roma

sviluppo e stampa Augustus Color Roma

con il sostegno di MEDIA; Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Dipartimento Spettacolo; Emilia Romagna Film Commission; Bologna Film Commission; Comune di Tresigallo; Comune di Reggio Emilia – Assessorato al Turismo; Comune di Forli – Assessorato alla Cultura; Provincia di Ferrara – Assessorato al Turismo; Fondazione Carisbo; Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna; La Casa Circondariale

PREMI

Premio Speciale della Giuria
Festival Annecy Cinéma Italien 2008

PARTECIPAZIONI A FESTIVALS E RASSEGNE

51º Festival del Cinema di Londra (UK), ottobre 2007
Prima assoluta

6º Festival Officinema, Bologna, febbraio 2008

Mostra Cinematografica dei 35º Premi Internazionali Flaiano, Pescara, giugno-luglio 2008

26º Festival Annecy Cinéma Italien, Annecy (F), ottobre 2008

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Rassegna stampa

Quotidiani e riviste

Un misterioso giovane arriva in una città italiana del nord, fradicia di pioggia, in apparenza scarsamente popolata, per investigare – come si scopre – sulla scomparsa di Andres Carrera, un sosia comunicatore e autore di discorsi che si dice sia partito per il Sudamerica. Entrando nell’appartamento dello scomparso, egli prova la misura dei vestiti, si gode la sua idiosincratica collezione di vinili, si offre per ricoprire il suo posto di lavoro, e diventa perfino amico del padre. Il “mistery” accuratamente studiato di Adriatico è una cosa crepuscolare, che fa intravedere i suoi interessi intellettuali (che siano la mutevolezza dell’identità, la cattiva fede o l’astrazione dell’ambiente sociale, sessuale o architettonico) in un travestimento cinematografico onirico. Molti di coloro che trovassero il suo film pretenzioso o noiosamente oscuro potrebbero domandarsi, per esempio, se il ritratto fatto da Adriatico della madre morente – quasi una storia secondaria – sia da intendersi come parte di una qualche metafora più estesa sulla divisione della famiglia italiana; ma non c’è da dubitare dell’ambizione esploratoria del regista, della sua abilità a evocare un’atmosfera minacciosa e della sua acuta originalità.

In un’imprecisata provincia italiana perennemente bagnata dalla pioggia, arriva un uomo senza nome. E’ un investigatore incaricato da un anonimo cliente di trovare Andres, apprezzato ghost writer di un politico impegnato in campagna elettorale. Il detective ha amato Andres, e gli assomiglia anche fisicamente. Prende il suo posto all’agenzia di comunicazione diretta da Iris, moglie incinta di Andres, che ha abbandonato, oltre a lei, anche una madre malata. Poi scopre che gli scritti dell’uomo attingevano all’opera poetica di Walt Whitman, e che la sua scelta di scomparire ha profonde ragioni esistenziali. Impossibile cercare un plot giallo in senso stretto: Andrea Adriatico, già regista di teatro, fondatore a Bologna dei Teatri di Vita e autore di Il vento, di sera, lavora su una messa in scena metafisica, alla De Chirico, di forte impatto. Cerca l’astrazione, la mancanza, e un’apertura più che onirica (vedi Nessuna qualità agli eroi) filosofica, poetica, che è consona ai tempi teatrali e difficile al cinema. Ma è bello che qualcuno abbia il coraggio di provare. Tonino Valerii e Milena Vukotic sono presenze dolcemente surreali. Cameo per Eva Robin’s e per lo scrittore Marco Mancassola, autore della sceneggiatura insieme al regista e a Stefano Casi.

voto 6

La gente che scompare senza lasciare traccia di sé è divenuta ormai un ‘topos’. La Rai ci ha fabbricato sopra un programma, che va avanti all’infinito in prima serata. Normale, quindi, che si inventi un caso, sul quale incentrare un film per le sale. Ma All’amore assente vuole essere qualcosa in più. Anzi, molte cose di più, che implicano il privato, il politico, l’omosessualità dello scomparso e quant’altro ancora. Il tutto espresso con uno stile algido, attento a non cedere oltre la misura ai sentimenti, anche a quelli che potrebbero avvincere i comuni spettatori. L’abruzzese Andrea Adriatico ti guarda dall’alto della sua pregressa attività teatrale, imbottita di autori quali Beckett, Pasolini, Mishima e Cocteau, cerca con accanimento ritmi e colori, distanti anni luce dal normale cinema narrativo, l’illuminazione attraverso l’inesprimibile, attento a non fare condividere direttamente il significato delle immagini e quello delle parole. Coerente in questa, che è la sua opera seconda, a quanto aveva già fatto intuire in Il vento, di sera, sua opera prima.

All’amore assente di Andrea Adriatico è stato scritto, poi girato, molto prima del best seller Il ghostwriter di Robert Harris (ed. Mondadori), di cui Polanski realizzerà un adattamento cinematografico. Anche All’amore assente parla di uno scrittore-fantasma al servizio di un importante uomo politico. Nel romanzo di Harris – ex ghost, ed ex amico di Tony Blair – il ‘fantasma’ muore alla prima riga, e ne subentra un altro, il vero protagonista del libro. Nel (secondo) lungometraggio di Adriatico, invece, Andres è letteralmente scomparso, svanito nel nulla, e un detective che gli somiglia in tutto (ottimo Massimo Poggio) si mette sulle sue tracce. S’intrufola in casa sua, ne indossa i vestiti, ascolta la stessa musica. Spia persino la ex moglie di Andres, incinta, mentra fa l’amore con un altro. Fuori piove sempre, come in un noir quasi astratto (irriconoscibili Bologna, Tresigallo, Imola e Forlì, location del film).

FOCUS. Tra i numerosi camei: Milena Vukotic e il grande Tonino Valerii, nei panni dei genitori di Andres. Corso Salani è un collega dello scomparso. Mentre Eva Robin’s, dal viso deturpato dai piercing, è una tassista.

A distanza di tre anni dai buoni riscontri del suo primo film Il vento, di sera, Andrea Adriatico ha diretto All’amore assente, un film che conferma uno stile di regia ben preciso, alle prese stavolta con una struttura più complessa e sfaccettata. La vicenda è decisamente curiosa.
Un investigatore privato (Massimo Poggio), assoldato da un cliente anonimo, arriva in città per capire che fine abbia fatto Andres Carrera, scomparso nel nulla. Questi, argentino d’origine, lavorava in un’agenzia diretta dalla moglie Iris (Francesca d’Aloja), facendo il ghost writer per personaggi politici, tra cui Massimo Arati (Filippo Plancher), impegnato serratamente in campagna elettorale.
Il detective si dà subito da fare. Innanzitutto, riesce a entrare a casa di Andres e vi si insedia, potendo dunque rovistare tra le sue cose: libri, appunti, dischi, fotografie e computer. Poi si fa assumere nella stessa agenzia, dove conosce Edoardo (Maurizio Patella), un altro impiegato, il quale gli rivela che Andres e Iris si sono separati da poco, nonostante lei sia incinta. Infine, trova il modo di conoscere gli anziani genitori Magda (Milena Vukotic), molto ammalata, e il padre (Tonino Valerii), il quale è convinto che il figlio sia sparito perché rapito dagli ufo.
Insomma, l’investigatore sembra quasi appropriarsi della vita di Andres, col quale peraltro qualcuno lo confonde anche sul piano fisico. In agenzia, Iris incarica lui di scrivere i discorsi di Andres, anche perché il suo stile stranamente non è molto dissimile. Insospettito da una serie di cose, Edoardo scopre come egli abiti ormai nella casa di Andres e lo costringe a rivelargli la sua vera identità. I due però si attraggono e passano la notte insieme. Il detective infittisce poi i rapporti con Iris (che ha una relazione col politico Arati), ma da lei non ha informazioni importanti. Qualcosa di più lo capisce a casa dei genitori, complice un libro di poesie di Walt Whitman: si accorge infatti che i testi politici di Andres altro non sono che versi del grande poeta americano. Il detective viene poi misteriosamente sollevato dall’incarico. La scena di un comizio di Massimo Arati, che già aveva aperto il film, risolve finalmente il rebus allo spettatore…
Presentato con successo al London Film Festival, il film è stato scritto da Adriatico, da Stefano Casi e dallo scrittore gay Marco Mancassola, al cui libro Il mondo senza di me si è ispirato.
E’ un film particolare, un thriller, arricchito però da forti componenti psicologiche. Come nel precedente film, anche stavolta il punto di partenza di Adriatico è la politica: lì l’assassinio di Marco Biagi, qui i comizi di un giovane politico rampante. E anche stavolta non manca un giudizio deciso nei confronti di una classe politica aggressiva e vuota, che si affida al potere di seduzione della parola e ad un’immagine pubblica positiva costruita a tavolino ma che in realtà è distante dai bisogni della gente.
Ma il vero perno del film è la storia di un uomo che non ha più un concreto rapporto con la realtà, non si riconosce più nelle cose che fa e prova un forte disagio nei confronti di un mondo nel quale si rende conto di non essere poi indispensabile. Per definire questo senso di straniamento, Adriatico ha ambientato il film in una città immateriale (Tresigallo, nel ferrarese, nata negli anni Trenta in stile razionalista), sferzata da una pioggia battente che sembra quasi alludere, sono parole sue, ad un bisogno di pulizia.
C’è dunque un’atmosfera astratta e quasi onirica, piena di ambiguità, in cui le cose non sono mai come appaiono e le identità sono slittanti e fluide. A cominciare dall’investigatore, che sembra proprio una proiezione mentale di Andres, il quale si è accorto che la sua vita è fumosa come i suoi discorsi ed è schiacciato da tanti problemi: la moglie incinta, la mamma ammalata, il padre mentalmente confuso nonché la consapevolezza di provare qualcosa di nuovo dentro di sé: l’attrazione per un uomo. Una lettura, questa, che chiama in causa uno dei temi fondamentali della nostra cultura moderna: il doppio (più evidente forse nel titolo inglese del film: Andres and Me).
Qualche spettatore, ne sono certo, troverà inappagante la soluzione (e forse non avrà torto), ma difficilmente rimarrà insensibile a questa storia intrigante e densa di domande esistenziali. Lo spettatore gay, poi, apprezzerà sicuramente la relazione tra il protagonista ed Edoardo, presentata con straordinaria naturalezza.
Nel cast spiccano i camei di Corso Salani e di Eva Robin’s, nei panni di una taxista amante dei piercing. Curiosa poi la presenza di Tonino Valerii, celebrato regista di altri tempi (ricordo La ragazza di nome Giulio).

Come in Ghostwriter di Harris, romanzo dell’amico di Blair cui Polanski sta ora lavorando, anche nel film sensibilissimo e malinconico di Andrea Adriatico, talento di un cinema e di un teatro che vanno sottopelle, c’è lo scrittore fantasma che lavora per un politico ma scompare prima dell’inizio.
Compito del detective che gli somiglia e combacia con lui sarà capire il come, quando e perché del mistero, complici i silenzi, le mezze verità, le mezze bugie di amici, colleghi, l’ex moglie.
Intanto, fuori piove, ottima valenza onirico-surreale per un racconto che trova la forza in quel processo di sdoppiamento dell’identità caro a Pirandello come ad Antonioni, ripetendo insolute domande esistenziali bagnate di noir, col contributo decisivo di un buon cast.
Intorno al bravo attore ronconiano Massimo Poggio in elogio del dubbio, la Vukotic, la d’Aloja, il western man Valerii, la taxista piercing Robin’s.

voto 7

Bisogna avere molta pazienza con Andrea Adriatico. Già con il suo primo lungometraggio, Il vento, di sera, ci aveva abituati alle atmosfere lente e rarefatte d’un notturno viaggio, a sfondo omosessuale, in un’inedita Bologna. Ora con All’amore assente ci propone un viaggio, per certi versi simile all’altro anche se siamo nel ferrarese, in cui un investigatore cerca Andres Carrera che di professione scrive i discorsi per un politico e che sembra essersi volatilizzato. La prima parte del film è quasi estenuante ma se si riesce ad andare avanti si scopre un fascinoso e insolito thriller dell’anima tenuto in piedi dal bravo Massimo Poggio e da uno strepitoso cameo di Milena Vukotic.

voto 6,5

Per chi insegue il cinema indipendente italiano, quello che faticosamente cerca un suo pubblico muovendosi ai margini del circuito commerciale, ecco fino a mercoledi a Genova quest’opera seconda di Andrea Adriatico, autore e regista teatrale da qualche tempo attivo anche al cinema. Lo spunto è vagamente noir, con un investigatore che arriva in una città irreale per scoprire che fine abbia fatto il ghostwriter di un uomo politico in piena campagna elettorale: incontra così la moglie dello scrittore scomparso, conosce la sua società di comunicazione, la madre morente, il padre sciroccato, ma è soprattutto costretto a riflettere sul linguaggio, tra silenzi, misteri e discorsi politici scritti da autori fantasma nascosti dietro le parole. Tutto ambientato in una città metafisica cupa e piovosa, con una scena ripetuta all’inizio e alla fine: quella di un comizio soporifero in piazza, dove un uomo politico pronuncia frasi poetiche con voce spenta e monocorde davanti ad una distesa di ombrelli aperti sotto la pioggia, senza che mai si intravveda un solo volto. Quasi un’immagine emblematica del film. Con partecipazione del regista cult Tonino Valerii (Il mio nome è nessuno) e breve cameo di Franco Vazzoler.

Video e tv

All’amore assente intanto è un film d’autore: ma non vi spaventate, perché è un noir esistenziale e psicologico che avviene sotto una pioggia incessante… piove per tutto il film e questo deve essere un primo indizio: che siamo in un terreno diverso dal solito. Ha più in comune questo film con certi bellissimi noir francesi che con il film medio di questo tipo italiano. E’ un film diverso sicuramente… C’è questo ghost-writer, appunto, un uomo che scrive discorsi per un uomo politico, che sparisce. Arriva un detective che si infila nella sua vita, abita nella sua casa, va a trovare sua moglie e i suoi genitori – sua moglie, Francesca d’Aloja molto brava -, che è incinta e dirige quest’azienda di comunicazione. il padre pensa che lui sia stato rapito dagli alieni… e si segue questa storia senza capire come andrà a finire e però si vuole sapere come andrà a finire – che è la cosa migliore che si possa dire… I colori sono belli, desaturati, quasi bianco e nero… E si scopre che questo scrittore si ispirava alle poesie di Walt Withman (anche questa è un’altra indicazione curiosa del film)… Insomma è una cosa da vedere! Mi ha molto disturbato non trovare recensioni sui giornali: è inutile che i critici dicano che i film americani imperversano se poi non vanno a vedere i film, e non ne scrivono.

Siti web

Nella classifica-reportage sul London Film Festival il film All’amore assente è inserito dal critico americano fra i My Top Films con l’indicazione Must See:

Da vedere: Andres and Me (Andrea Adriatico, Italia, 2007). Un “mystery” enigmatico e autenticamente intrigante su un autore di discorsi politici che scompare improvvisamente senza lasciare traccia.

Per affrontare All’amore assente bisogna avere in mente determinate coordinate. Si debbono scomodare, senza pretesa di paragoni, ma con l’intento di offrire dei termini di riferimento senza i quali il film di Adriatico risulta illeggibile, nella sua etica della messa in scena, nei suoi riferimenti visivi e anche nella sua linearità di scrittura. Adriatico costruisce, dunque, un film partendo da categorie lynchiane. Il suo protagonista si chiude in una automobile, il rumore d’ambiente sfuma, una dissolvenza nera circonda il suo ripetere meccanico di alcune parole. Ne riuscirà solamente nelle battute finali, stordito, frastornato, ma in qualche modo più consapevole. Tutto quello che avviene tra questi due momenti, che si collocano all’inizio e alla fine della pellicola, è un (brutto) sogno, un trip che si avviluppa nella mente del protagonista, tra desideri e ossessioni. Una modalità di approccio all¹onirico che ricorda quella del maestro Lynch, fatte ovviamente le dovute proporzioni, e che lascia spiazzati, soprattutto rispetto ad un finale non immediatamente decodificabile. Ovviamente il tutto condito in salsa italica, a partire dal mondo del marketing politico, e con l’ulteriore sottotesto del ghost-writer, ombra non solo del frontman, ma anche di sè stesso, in un gioco ad inseguirsi e a rispecchiarsi in modo deformato e problematico. Un sottotesto socio-antropologico che è del tutto assente, e non a torto, nella filmografia del regista di Inland Empire. Il film di Adriatico si lascia prendere la mano da questo voler scardinare le zone d’ombra che affronta la vita di un uomo in un momento di passaggio, la difficoltà di inserirsi in una società che tende sempre di più a respingere, a gaurdare con sospetto, le sensibilità spiccate e le eccellenze. Il regista unisce tutto con l’elemento dell¹acqua, onnipresente, estremamente invasivo, che funge da vero collante di una serie di sequenze altrimenti prive di una solida coerenza interna. Buona l’idea, coraggiosa, insolita per il cinema italiano, che viene però sviluppata male da una sceneggiatura praticamente assente, rabberciata, priva di un intreccio appassionante e di un ritmo perlomeno accettabile. Il film così fatica, naufraga spesso nel grottesco, e non inciderà per come avrebbe potuto in quanto a efficacia e innovazione nel nostro stantio panorama nazionale.

Un detective privato (Poggio) arriva in una cittadina del nord Italia per indagare sulla misteriosa scomparsa di Andres Carrera. Un talentuoso “ghost writer”, specializzato nella scrittura di discorsi di effetto per uomini politici in carriera. Il detective si installa nella casa di Andres. Comincia ad indagare. Con uno stratagemma si fa assumere nella agenzia dove lavorava Andres, diretta dalla compagna dello stesso ed incinta di lui (d’Aloja). Comincia a frequentare i genitori di Andres, una madre (Vukotic) molto ammalata ed un padre (Valerii) con problemi mentali, che è convinto che il figlio è stato rapito dagli alieni. Scopre che gli ultimi discorsi scritti per il politico Massimo Arati (Plancher), che è il miglior cliente della agenzia, sono in effetti la trasposizione delle antiche poesie di Walt Whitman, uno dei padri nobili della democrazia Americana. Grazie ai testi che ha ritrovato nel lap top di Andres, l’investigatore assume rapidamente il ruolo di “ghost writer” di punta, quello che era stato dello stesso Andres, e gli viene affidata la missione più delicata della compagnia, quella di scrivere il prossimo discorso del politico, quello finale della sua campagna elettorale. Ma non tutto è come appare…
Andrea Adriatico (L’Aquila 1966) ha una solida esperienza teatrale. Ha esordito nel lungometraggio nel 2004, con Il vento, di sera, invitato nella sezione “Forum” del Festival di Berlino ed in una ventina di festival internazionali. Vincendo il “Roseto Opera Prima Film Festival” e ottenendo per il protagonista, Corso Salani, il premio come miglior attore al “Clorofilla Film Festival”. Adriatico ha scritto All’amore assente con lo stesso sceneggiatore de Il vento, di sera, Stefano Casi. Ai due si è aggiunto, per l’occasione, il romanziere Marco Mancassola.
All’amore assente è un film d’autore di assoluto interesse. Girato totalmente sotto una fitta pioggia battente. Potente metafora del desiderio di una nuova pulizia e purezza che sarebbe necessario imporre nel clima politico nazionale. Ma anche elegante ed efficace elemento filmico/sintattico di continuità narrativa. Nella ambientazione suggestiva della architettura razionalista del Comune di Tresigallo (Ferrara), che dà l’idea del prodotto di una visionaria fantasia da teatro di posa. La prima parte puÚ risultare un po’ lenta e di difficile lettura. Ma il ritmo riguadagnato della seconda parte, rende il film interessante ed avvincente. Aggiungendo, tessera dopo tessera, tutti i dettagli per la ricostruzione di un accattivante mosaico. Che si ricompone nell’ultima scena (in assoluta continuità con la scena di inizio).
Un’opera seconda di tutto interesse. Con una tesi ed un messaggio non banali. Trasmessi con un linguaggio espressivo originale e fascinoso. Elegante la confezione. Buone le interpretazioni, tra le quali piace segnalare il curioso e convincente esordio, da settantenne, di Tonino Valerii. Ennesima dimostrazione del fatto che ogni buon regista è, prima, un buon attore.

Andres Carrera scrive efficaci discorsi politici per convincere indifferentemente l’elettorato dell’uno o dell’altro partito. Durante un comizio elettorale, bagnato e battuto dalla pioggia, Andres sale in macchina e sparisce nel nulla, abbandonando una madre malata, un padre confuso e una moglie incinta. Un investigatore indaga sulla misteriosa sparizione, vivendo nella casa di Andres e vivendo la sua vita. Forse Andres non è andato lontano e quello che sta cercando e quello su cui sta investigando è il suo sé autentico.
Il cinema italiano, almeno quello degli ultimi dieci anni, si divide in due categorie: il prodotto di una società che non vede se stessa fino a rimuovere il reale e quello che riproduce la realtà in maniera puntuale. Un conto però è il realismo e un altro è la duplicazione pura e semplice delle cose. L’impressione per chi guarda è che la cultura cinematografica italiana non abbia alcuna attitudine ad immaginare.
Andrea Adriatico e il suo All’amore assente sono in questo senso un’eccezione perché nel film la duplicazione del reale viene meno, a favore di uno sguardo simbolico capace di rovesciare l’apparenza sensibile e concepire uno spazio altro da sperimentare. L’Andres “assente” è di fatto un uomo sdoppiato, è colui che cerca ed è il cercato, è il committente investito e poi sollevato dall’incarico di ritrovare il proprio io e un modo più autentico di comunicare. Perché il protagonista è un ghost writer che usa e redige il linguaggio politico, quasi sempre contorto, oscuro e allusivo. Un linguaggio retorico, artificioso e vuoto, atto a persuadere l’ascoltatore invece di chiarire gli intendimenti dell’oratore politico. A questo punto personaggio e autore si interrogano sulle ragioni culturali che spingono il politico ad esprimere un pensiero senza palesarlo o a celare un’informazione al proprio destinatario. Pur denunciando e smascherando l’antidemocraticità del discorso politico, che scavalca il cittadino e gli sottrae ogni criterio di consenso o di dissenso, Adriatico ripiega sul disagio morale e umano dell’individuo e sul contributo del singolo all’educazione politica.
Il regista rifiuta il realismo o la “ri-visitazione” del già conosciuto, svuotando i modelli standard della rappresentazione, mettendo in crisi le certezze oggettive e la riconoscibile riproduzione del reale. Sperimentando l’alterità, anche sessuale, Andres Carrera approda ad una verità oggettiva che sblocca il solipsismo, riconoscendo con un atto d’amore l’esistenza e il dolore degli altri.

In un’accogliente piazza italiana, il politico emergente Massimo Arati (Filippo Plancher), in prossimità delle elezioni, tiene uno dei classici comizi d’inizio millennio in cui la carica seducente delle parole conta molto più del loro contenuto. Così inizia All’amore assente, sottotitolato Andres and me, lungometraggio di Andrea Adriatico (Il vento, di sera) che, sceneggiato dallo stesso in collaborazione con il fido Stefano Casi e l’esordiente Marco Mancassola, segue le indagini di un investigatore (Massimo Poggio) impegnato a far luce sulla misteriosa scomparsa di Andres Carrera, un ghost-writer, ovvero uno di quegli “individui invisibili” cui si deve la stesura dei discorsi di ogni politico che si rispetti.
Indagini che consentono la progressiva entrata in scena di ambigui personaggi tratteggiati a dovere e legati alla vita dello scomparso, dal padre (il regista stracult Tonino Valerii), convinto che il figlio sia stato rapito dagli alieni, alla madre malata (Milena Vukotic), passando per la moglie incinta Iris (Francesca d’Aloja) e il collega-amico Edoardo (Maurizio Patella).
Fino a un sorprendente twist ending (o, se preferite, finale a sorpresa) che sembra principalmente spingere alla riflessione nei confronti dell’anonima esistenza di anime-solitudini (in questo caso i ghost-writers), i cui pensieri e personalità emergono soltanto attraverso le figure-immagini (i politici, appunto) che li espongono al grande pubblico, in un’epoca tendente a privilegiare la cura estetica a quella poetica.
Ed è con pochi virtuosismi tecnici mai usati a sproposito che Adriatico racconta questa coinvolgente vicenda a metà strada tra il giallo e il dramma esistenziale, costruita su lenti ritmi di narrazione immersi in una triste e per certi aspetti inquietante atmosfera fortemente pessimista, impreziosita non solo dalla contrastata fotografia da noir di Andrea Locatelli (Incantesimo napoletano), ma anche da un’ossessiva presenza della pioggia. Del resto, pur affrontando in maniera intelligente una tematica legata alla realtà corrente, All’amore assente non sembra distaccarsi poi tanto da quella tipologia di spettacolo su celluloide, spesso basata su enigmi e suggestioni ultraterrene, esplosa soprattutto dopo l’ascesa di M. Night Shyamalan. Provate a confrontarne la struttura con quella di uno qualsiasi di quei film.

Il nuovo film di Andrea Adriatico – coadiuvato da Stefano Casi, compagno di avventure teatrali, in sede di sceneggiatura – sembra osare un passo in avanti e al tempo stesso chiarire la poetica già suggerita nel precedente lungometraggio, Il vento, di sera. Nella vicenda della scomparsa di un ghost writer e della fin troppo accanita ricerca che ne fa un investigatore privato, si nascondono infatti problemi esistenziali, identità ambigue, e perdite di sé. A prima vista pirandelliano, ma in verità assai più vicino a quel Koltès che Adriatico e Casi hanno già portato a teatro in passato, All’amore assente suscita umori contrastanti. Sembra di trovarsi di fronte a un ritratto politico e ne esce un’opera astratta. Non è un caso che il regista abbia pensato per l’ambientazione in un primo tempo a Sabaudia e alle zone dove Sorrentino ha girato L’amico di famiglia; la scelta di Ferrara, Imola, Bologna – tutte irriconoscibili – guarda all’architettura razionale fascista e a spazi sospesi, raggelati, ingrigiti dalla pioggia battente che trasporta il film nelle lande metafisiche che gli sono più congeniali, facendo via via impallidire la trama mystery. Il film, d’altra parte, racconta una complessa storia che potremmo definire un “giallo” se non fosse per l’approccio atipico dei due autori, che hanno – ancora una volta come nel precedente Il vento, di sera – utilizzato meccanismi di genere per riflettere sulla società contemporanea. A sentire Adriatico e Casi, la figura del ghost writer, protagonista del film, “è un antieroe, perché sa di rappresentare il lento dissolversi della politica ma non sa come affrontarlo, scrive splendidi messaggi politici, sapendo che mai saranno attuati dal politico che li commissiona, e prima o poi deve fare i conti con la propria coscienza. La poesia è una severa maestra: non si fa mai trovare quando la esalti, ma sa come rimproverarti quando la tradisci”. Il periodo elettorale non c’entra nulla, se non per il fatto che la politica, intesa nell’accezione ampia del termine, riguarda i legami più stretti che una civiltà offre al rapporto tra cittadini e rappresentanti. I “fantasmi” – i ghost (writer) – sono sì coloro che scrivono i discorsi ai leader, ma anche i politici stessi, poiché offrono al mondo e agli interlocutori un corpo svuotato, e riempito di parole altrui. Sono dunque automi della modernità, come insegnano gli autori teatrali cari al regista. Quello di All’amore assente è dunque un cinema piccolo, indipendente, fuori schema e fuori moda, che va certamente nutrito, protetto.

Il regista emergente Andrea Adriatico (Il vento, di sera) porta sullo schermo un thriller introspettivo dal titolo All’amore assente, sceneggiato in collaborazione con Stefano Casi e l’esordiente Marco Mancassola (entrambi ex giornalisti), in questi giorni nelle sale.
Il film racconta un viaggio all’interno delle angosce di un investigatore (Massimo Poggio) che indaga sulla scomparsa di un “ghost-writer”, ovvero uno di quegli “individui invisibili” cui si deve la stesura dei discorsi di ogni politico che si rispetti.
Il contesto gira attorno al mondo politico durante una campagna elettorale, in un momento dove la parola conta più del suo contenuto, dove sedurre vale più di convincere. Sono parole di seduzione quelle pronunciate dal politico Massimo Arati, interpretato da Filippo Plancher, all’apertura del film.
Il filo narrativo si concentra soprattutto a svelare l’ossessione dello stesso agente, in una ambientazione emiliana, inserita in un sottotesto omosessuale. Ma è anche la storia di una identificazione, o meglio di una assimilazione, da parte del detective verso l’oggetto della ricerca e di tutto il mondo che lo riguarda. Il detective infatti mentre effettua le sue ricerche, penetra sempre più nel mondo dell’uomo che sembra svanito nel nulla: si stabilisce a casa sua, si fa assumere dall’agenzia di comunicazione dove lavorava, conosce la moglie Iris, interpretata da Francesca d’Aloja (Il bagno turco), il collega e amico Edoardo, la madre gravemente malata e il padre stralunato, convinto che il figlio sia stato rapito dagli alieni.
Con queste basi Adriatico, reduce da un altro thriller Il vento, di sera, racconta questa coinvolgente vicenda a metà strada tra il giallo e il dramma esistenziale, costruita su lenti ritmi di narrazione immersi in una triste e inquietante atmosfera pessimista, impreziosita non solo dalla fotografia da noir di Andrea Locatelli, ma anche da una costante compagna del protagonista: la presenza della pioggia.
Presente nel cast in un cameo anche Eva Robin’s nell’inedito ruolo di una tassista piena di piercing.

Parliamo del deludente “Sex and the City” e del difficile “All’amore assente” , due film che si propongono ad un pubblico completamente differente: televisivo e senimentaloide il primo, cinefilo e intellettualoide il secondo.
(…)
Tutt’altro discorso per l’altra prima visione che abbiamo visto, “All’amore assente” di Andrea Adriatico. Diciamo subito che è un film per cinefili, che piacerà molto a chi ha amato il cinema di Antonioni, a chi ama il tema del doppio, dell’indagine psicologica, della ricerca interiore.
A noi ha ricordato anche un film di Pasolini che abbiamo molto amato, “Teorema”, dove un personaggio misterioso (quasi un angelo) veniva a sconvolgere la vita di una famiglia rivelando a ciascuno la sua vera identità e il suo essere più intimo e segreto. Qui abbiamo un investigatore privato, intrepretato dal bravo Massimo Poggio, che lentamente prende il posto, sia nel lavoro che nella vita privata, di un ghost writer (scrittore dei discorsi che i politici fanno in pubblico), Andres, da poco scomparso. Non sappiamo chi lo manda o per chi lavori, non sappiamo perché lo faccia o che cosa intenda scoprire.
Gran parte del film è sorretta da queste domande e solo dopo un po’ di tempo comprendiamo che sono domande sbagliate, che il soggetto della storia non è la persona scomparsa ma quelli che sono rimasti: la madre malata (interpretata dalla sempre stupefacente Milena Vukotic) che viene rimandata a casa dall’ospedale perché ritenuta in fin di vita; la moglie dello scomparso, Iris (una sensuale Francesca d’Aloja), incerta sui suoi amori (lavoro, marito, amante, figlio in arrivo); il collega e amico Edoardo (Maurizio Patella), gay innamorato di Andres; il padre (Tonino Valerii) che manda dal giardino segnali agli ufo che crede gli abbiano rapito il figlio (probabilmente da sempre così lontano).
Tutti questi personaggi verranno messi di fronte alle loro responsabilità o necessità dall’incontro con l’investigatore, che in un modo o nell’altro riuscirà a liberarli dai loro fantasmi. Edoardo sarà riuscito a possedere l’amore e il corpo di Andres/investigatore per capire che in realtà non può amarlo. La moglie Iris ritroverà l’amore per il marito e quindi per il figlio che sta per nascere. I genitori potranno uscire dalla loro sofferenza e ritrovare il calore di una famiglia.
Altro tema affrontato dal film è quello dell’ambiguità della politica, della sua incongruenza, della sua falsa vicinanza alle persone. Da qui la scelta del ghost writer che scrive i discorsi per un’altro ma che non sono nemmeno suoi (sono copiati da poesie di Whitman) e che ad un certo punto non potrà fare altro che scomparire, salvo ritornare nei panni dell’investigatore/risolutore. Questa tematica, quella politica, è forse la parte più debole del film, sia perché lo sovraccarica sia perché non riesce a definirsi in una storia ragionata, che vada oltre l’immagine del comizio/poesia davanti a degli ombrelli aperti che nascondono un pubblico depersonalizzato.